mercoledì 20 maggio 2009

20 maggio - Sasso Marconi

20 maggio - Davanti alla Arcotronics di Sasso Marconi


Da Bologna, ripartiamo verso Sasso Marconi. Ci aspettano allo stabilimento della Arcotronics. Anche qui - come di fronte alle altre fabbriche in cui siamo passati - sono in tantissimi i lavoratori e la lavoratrici che ci aspettano (vedi foto). Le storie sono di nuovo quelle; storie di cassa-integrazione, di precari che non lavorano più, di migranti che dopo anni che lavorano e vivono in Italia rischiano di perdere il permesso di soggiorno.

Gli stabilimenti Arcotronics nella zona sono 3, quello di Sasso Marconi, di Vergato (20 chilometri da qua) e di Monvidoro, (32 chilometri) , dove sono quasi tutte donne. Ci sono Mariagrazia, Mariella, Stella e tante altre. Gli stabilimenti sono tutti e tre in cassa, straordinaria e ordinaria i primi due; ordinaria quello di Vergato. A Monghidoro, su 220 persone, 150 al giorno sono in cassa.

Insieme alle lavoratrici e ai lavoratori Arcotronics, ci sono tantissimi altri.

Ci sono i lavoratori della RCM di Montevento, fonderia in cassa da ottobre. Lavorano il Niresist, una fusione particolare di ghisa che resiste a temperature altissime. L’azienda copre da sola il 30% del mercato mondiale di questo materiale. Da settembre, improvvisamente, annuncia lo stato crisi. Ad aprile e per tutto maggio, l’altoforno chiude 3 settimane al mese.

C'è Roberto della Ravaglioli, in cassa anche lui. L’azienda produce attrezzi per officine. Negli ultimi 10 anni ha raddoppiato il fatturato, poi “appena ha sentito parlare di crisi, l’ha fatta pagare a noi”.


C'è Natascia della Cat Corsini a Pontevecchio Marconi, in cassa con minaccia di chiusura dello stabilimento a giugno. Quelli che lavoravano nelle piccole aziende artigiane dell’indotto oramai sono a casa da mesi. Ci sono anche loro davanti all'Arcotronics.

Poi c’è Maria della Romaca Srl di Rastignano, verso Pianoro, dall’altra parte della collina. L’azienda in cui lavora fa macchine automatiche per l’industria farmaceutica. Lei è impiegata. È in cassa anche lei, due giorni a settimana. Oggi, infatti, non lavora. L’azienda è in cassa dal 16 marzo, prima 7 settimane, poi altre 8. A fine giugno ci sarà un nuovo incontro e si vedrà.

E poi c’è Baafourosfi della Licofusione Stellite, un’altra fonderia. L'azienda in cui lavora è in cassa da dicembre. A rotazione. Tutti quanti, fino a giugno.

Lui viene dal Ghana. Vive in Italia da più di 20 anni. Ha quattro figli, tutti grandi.

20 maggio - Bologna

20 maggio - Bologna, sotto il Nettuno


20 maggio. La giornata è ancora lunga. Lasciamo la Manitou e riprendiamo la via Emilia. Il paesaggio è ancora quello della pianura.

Si uniscono a noi i compagni della Uisp. Direzione Bologna. Ci aspettano in centro, accanto a Piazza Maggiore, sotto il Nettuno.

Riempiamo la piazza con le biciclette. Come sempre, l’accoglienza è bellissima. Insieme a noi – in bicicletta – ci sono i lavoratori della Breda Menarinibus, società di Finmeccanica (vedi foto). Marco, Lorenzo, Ettore, Giuliano, Daniele. Sono in bicicletta anche loro, con la maglietta da ciclisti della Breda. Loro sono tra i pochi che la cassa non la stanno facendo. L’azienda non è in crisi. Una forte ristrutturazione l’hanno subita negli anni scorsi: dal 2002 a oggi, la forza lavoro si è più che dimezzata. Da 650 a meno di 300. Oggi, sono con noi.

Ad aspettarci c’è anche Papignani della Fiom, Melloni della Cgil e Campagnoli, assessore regionale alle attività produttive. Intorno c’è tantissima gente anche oggi. Anche chi passa, si incuriosisce e resta ad ascoltare.

[Repubblica, 20 maggio] Cassa integrazione alla Datalogic marcia del lavoro in Piazza Maggiore

Repubblica — 20 maggio 2009 pagina 8 sezione: BOLOGNA

DOPO un primo trimestre chiuso a livello di gruppo con ricavi in calo del 23,9% la Datalogic Automation, ha comunicato ai sindacati l' avvio di 12 settimane di cassa integrazione per i 103 dipendenti bolognesi. È solo una delle 600 aziende metalmeccaniche che secondo l' ultimo bollettino della Fiom sono coinvolte dalla cassa integrazione, per circa 22mila lavoratori su 28mila, sintomo di una crisi che tra settembre e ottobre porterà alla «scomparsa di molte piccole imprese e a 3-4mila licenziamenti». Oggi alle 12 fa tappa in piazza Maggiore "Lavoro in marcia", giro d' Italia dei cassintegrati organizzato dalla Fiom veneta. - marco bettazzi

20 maggio - Modena - Davanti alla Manitou

[la Gazzetta di Modena, 20 maggio] Arrivata la carovana dei ciclisti cassaintegrati e disoccupati

E' arrivata a Modena la carovana di biclette "Il lavoro in marcia" composta da metalmeccanici, cassaintegrati, disoccupati e precari partita sabato da Padova e che, passando per L'Aquila arriverà a Roma il 31 maggio.

[L'informazione, 20 maggio] Un giro d'Italia contro la crisi

Si conclude oggi la due giorni modenese della carovana nazionale di biciclette di lavoratori metalmeccanici, cassaintegrati, disoccupati, precari che è partita sabato da Padova

[il manifesto, 20 maggio] Giro d'Italia operaio

«Ma dove vai bellezza in bicicletta?». Diceva così una canzone popolare e ora si può rispondere: «a incontrare altri lavoratori». È partita domenica scorsa l'iniziativa della Fiom-Cgil «Il lavoro in marcia»: il giro d'Italia che faranno precari, disoccupati, licenziati e cassaintegrati.

[Liberazione, 20 maggio] “Lavoro in marcia” oggi approda a Bologna

Partito tre giorni fa da Padova, oggi il “Lavoro in marcia” della Fiom, ovvero il giro d’Italia delle tute blu ai tempi del “Giro d’Italia” delle maglie rosa, approda a Bologna. Non ha fatto tanta strada
a dire la verità, ma in quanto a successo popolare non ha nulla da temere dai più blasonati colleghi ciclisti.

20 maggio - Gli operai e le operaie della Manitou


7.30 del mattino: partenza da Modena. Percorriamo di nuovo la via Emilia, tra campi infiniti e centinaia di capannoni industriali. Direzione Bologna. Anche oggi ci accompagna il sole.

Prima fermata, Castelfranco Emilia. All’uscita del paese, sulla sinistra vediamo le bandiere rosse della Fiom. Anche oggi sono tantissime e tantissimi i lavoratori che ci stanno aspettando.

Lo stabilimento è enorme. Il presidio di accoglienza è proprio davanti all’ingresso. Accanto uno dei tre immensi piazzali dove sono parcheggiate le macchine movimento-aria prodotte dagli operai e dalle operaie della Manitou. Sono enormi, rosse. Una a fianco dell’altra. Sembrano carcasse di dinosauri. Inermi.

Le lavoratrici e i lavoratori della Manitou qui fuori dai cancelli sono tantissimi. Parlo con Giuseppe, Roberto, Abdenbi. Ci sono tantissimi migranti; filippini, marocchini, albanesi, rumeni. Un lavoratore su tre alla Manitou viene da un’altra parte del mondo. E poi c’è Bruno, che è venuto qui da Napoli cinque anni fa per cercare lavoro e per cambiare vita: un lavoro invece della piccola criminalità organizzata. Ora fa gli impianti elettrici. Ha 2 figli, sua moglie è disoccupata da una vita.

Alla Manitou sono in cassa da ottobre. La storia che mi raccontano è quella che altri lavoratori di altre fabbriche mi hanno raccontato nei giorni passati.
Fino all’anno scorso andava tutto bene. Alla cena di Natale, il padrone parla di un fatturato di 240 milioni. Utile netto: 18 milioni di euro. Si fa un po’ di cassa, ma tutto sommato si regge.
Poi, d’improvviso le cose cambiano. A gennaio, diminuisce drasticamente la produzione. Da 2.400 macchine l’anno previste pochi mesi prima, si passa prima a 900, poi a 700.
A ottobre i lavoratori fanno 1 settimana di cassa e 3 di lavoro; da gennaio, 3 di cassa, 1 soltanto di lavoro. Da settembre si dovrebbe andare a 2 settimane di cassa al mese. Poi “non si sa”.

Circa 70 precari, da ottobre a oggi hanno perso il lavoro. Ad aprile, già non ce ne era più nessuno. Da 320 dipendenti che erano, oggi sono meno di 260.

Per chi è rimasto, ad agosto si preannunciano 4 settimane di ferie per tutti, obbligatorie. Se ne sono fatte sempre 3. Qualcuno la quarta settimana non l’ha maturata. Rischia di restare senza stipendio. Chiedono garanzie. Servono 20 mila euro per coprire la 4a settimana di ferie L’azienda non le dà, ma è una ripicca. Uno soltanto di quegli enormi dinosauri parcheggiati là fuori - quello più economico - costa sul mercato 185mila euro.

L’azienda sponsorizza la sagra del tortellino, ma i soldi per gli operai non ci sono: si legge questo su uno striscione appeso ai cancelli.

20 maggio - Davanti alla Manitou


Di fronte alla Manitou ci anche tantissime lavoratrici e lavoratori delle altre fabbriche della zona.


Ci sono gli operai della Borghi, in cassa da marzo fino a maggio, 20 lavoratori a 0 ore, gli altri 180 a rotazione.


C’è Abderrahim della Broc Metal in cassa da aprile, poi “non si sa”. Viene dal Marocco, lavora alla Broc da 15 anni. I suoi figli sono italiani. Mi fa una domanda e mi chiede di scriverla: “E’ giusto che un operaio straniero, che ha lavorato qui una vita intera, che ha la sua famiglia in Italia, se l’azienda chiude e non trova un altro lavoro in pochi mesi diventa clandestino.? E’ giusto?”

Ci sono le operaie della Glem Gas, le uniche che non sono in cassa, perché l’azienda ha raccolto le commesse che la Terim, altra fabbrica di cucine e piani gas, in piena crisi.

Poi ci sono Agnese, Giovanni, Cristina e Andrea della Comer.

E ci sono i lavoratori della Stilma, Joseph, Luca, Vincenzo, Emilio, Giorgio, Luigi, Giovanni, ancora Giorgio e poi Manalo, Alex, Bogdan….Nigeria, Europa dell’Est, Puglia…mi dicono che la Stima è una fabbrica multi-etnica. Il padrone prova a dividerli, ma loro non sono mai stati così uniti come adesso, che stanno in cassa da gennaio fino ad agosto.
In cassa, prendono il 52% del loro salario; non arrivano a 800 euro al mese. Fino al 31 dicembre il posto di lavoro è garantito. Poi non si sa. Intanto, la direzione li minaccia… “se continuate a fare sciopero, il 70% va via!”.


Loro ovviamente continuano!

20 maggio - Eva, Emma, Lucia e la catena di montaggio


Davanti alla Manitou incontro anche Eva, Emma, Lucia. Sono in tutta blu. Sono operaie della Glem Gas, fanno cucine e piani gas.

Su 280 lavoratori, 150 sono donne. Tutte in catena di montaggio. Gli chiedo quanto è faticoso il loro lavoro. Loro mi rispondono “di più!”

Fanno ritmi insostenibili, non un attimo di tregua. L’azienda sta prendendo i tempi per aumentarli ancora. Per loro è impossibile. Sono già allo stremo. Hanno tutte dolori a braccia, mani, schiena. Lucia si è appena operata al tunnel carpale. Sono in tantissime a soffrirne. Le donne più degli uomini.

Da poco sono entrati 30 interinali. Quasi tutti uomini. L’azienda glielo ha detto chiaramente. Ora assume soprattutto uomini, perché “si ammalano di meno”.

Eva, Emma,Lucia hanno – tutte e tre – un bellissimo sorriso. Fanno un lavoro faticoso, ma poi mi dicono che “il lavoro più grosso è a casa”. E mi parlano dei loro figli. E dei loro nipoti: Eva è nonna di un bimbo di 9 anni. Sorride.


Eva porta bene i suoi anni, ma ce li ha tutti sulle spalle: 20 anni di lavoro in fabbrica; troppi in catena di montaggio.

20 maggio - I nostri compagni partigiani


Sempre davanti ai cancelli della Manitou. Tanti storie, tanti volti. Ma quelli di Gildo, Romano, Ferdinando, Franco, Gianmarco, Ianes sono quelli più intensi.

Il più giovane è Ianes che ha 58 anni. Gli altri 83, 82, 77, 73. Franco 74 proprio oggi. E’ il suo compleanno e lo festeggia così. Buon compleanno, Franco!

Sono i compagni dell’ANPI di Castelfranco Emilia. Tranne Ianes – che è troppo giovane – sono tutti partigiani. Hanno combattuto su quei monti che ora vediamo laggiù all’orizzonte. Ci regalano il libro che racconta la loro storia e quella di Gabriella degli Esposti, staffetta partigiana, torturata e uccisa dalle SS. Madre di due figli e in attesa del terzo. Settimo mese di gravidanza.

Ci regalano il loro abbraccio. La loro solidarietà. Ci hanno regalato la nostra storia e la loro giovinezza.

Sono qui per salutarci. Ci dicono “forza, fate bene ragazzi”.

Grazie, grazie a tutti. Ora e sempre….RESISTENZA.
 

Get a playlist! Standalone player Get Ringtones