mercoledì 20 maggio 2009

20 maggio - Gli operai e le operaie della Manitou


7.30 del mattino: partenza da Modena. Percorriamo di nuovo la via Emilia, tra campi infiniti e centinaia di capannoni industriali. Direzione Bologna. Anche oggi ci accompagna il sole.

Prima fermata, Castelfranco Emilia. All’uscita del paese, sulla sinistra vediamo le bandiere rosse della Fiom. Anche oggi sono tantissime e tantissimi i lavoratori che ci stanno aspettando.

Lo stabilimento è enorme. Il presidio di accoglienza è proprio davanti all’ingresso. Accanto uno dei tre immensi piazzali dove sono parcheggiate le macchine movimento-aria prodotte dagli operai e dalle operaie della Manitou. Sono enormi, rosse. Una a fianco dell’altra. Sembrano carcasse di dinosauri. Inermi.

Le lavoratrici e i lavoratori della Manitou qui fuori dai cancelli sono tantissimi. Parlo con Giuseppe, Roberto, Abdenbi. Ci sono tantissimi migranti; filippini, marocchini, albanesi, rumeni. Un lavoratore su tre alla Manitou viene da un’altra parte del mondo. E poi c’è Bruno, che è venuto qui da Napoli cinque anni fa per cercare lavoro e per cambiare vita: un lavoro invece della piccola criminalità organizzata. Ora fa gli impianti elettrici. Ha 2 figli, sua moglie è disoccupata da una vita.

Alla Manitou sono in cassa da ottobre. La storia che mi raccontano è quella che altri lavoratori di altre fabbriche mi hanno raccontato nei giorni passati.
Fino all’anno scorso andava tutto bene. Alla cena di Natale, il padrone parla di un fatturato di 240 milioni. Utile netto: 18 milioni di euro. Si fa un po’ di cassa, ma tutto sommato si regge.
Poi, d’improvviso le cose cambiano. A gennaio, diminuisce drasticamente la produzione. Da 2.400 macchine l’anno previste pochi mesi prima, si passa prima a 900, poi a 700.
A ottobre i lavoratori fanno 1 settimana di cassa e 3 di lavoro; da gennaio, 3 di cassa, 1 soltanto di lavoro. Da settembre si dovrebbe andare a 2 settimane di cassa al mese. Poi “non si sa”.

Circa 70 precari, da ottobre a oggi hanno perso il lavoro. Ad aprile, già non ce ne era più nessuno. Da 320 dipendenti che erano, oggi sono meno di 260.

Per chi è rimasto, ad agosto si preannunciano 4 settimane di ferie per tutti, obbligatorie. Se ne sono fatte sempre 3. Qualcuno la quarta settimana non l’ha maturata. Rischia di restare senza stipendio. Chiedono garanzie. Servono 20 mila euro per coprire la 4a settimana di ferie L’azienda non le dà, ma è una ripicca. Uno soltanto di quegli enormi dinosauri parcheggiati là fuori - quello più economico - costa sul mercato 185mila euro.

L’azienda sponsorizza la sagra del tortellino, ma i soldi per gli operai non ci sono: si legge questo su uno striscione appeso ai cancelli.

5 commenti:

  1. E qui siamo ancora nel cuore del sistema produttivo italiano, quello delle piccole e medie imprese manifatturiere, dei distretti industriali, della meccanica strumentale che esporta... figurarsi cosa sarà nelle aree periferiche, dove si arranca anche quando l'economia non è in recessione!

    20mila euro per coprire la 4a settimana di ferie: è veramente scandaloso!

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  2. complimenti per il lavoro che state facendo. bellissimi gli articoli e le foto. continuate così con il cuore vi seguo e pedalo con voi. avanti fiom.

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  3. cari compagni e compagne, che emozione vedere i volti di questi nostri cari partigiani, questi "giovani" vecchi, questi uomini e donne che hanno deciso a 20 anni di dedicare la loro vita a un ideale di libertà, uguaglianza e fraternità, e han deciso di mettere in gioco loro vita...
    un po' di vergogna la provo per le nostre attuali miserie spirituali.
    ciao
    a presto
    erminio

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  4. Avanti! Compagni!
    Esistiamo e Resistiamo

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  5. sono una precaria da troppi anni nell'Università, forse in bicicletta dovrei esserci anche io con voi!
    Complimenti per l'iniziativa ... molto originale.

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