venerdì 22 maggio 2009

22 maggio - Pistoia - Al presidio dei lavoratori e delle lavoratrici della Radicifil


Ripartiamo da Porretta. Percorriamo la Porrettana in mezzo agli Appennini. Qui l’aria è più fresca; il cielo è coperto. La strada si arrampica, le biciclette arrancano, ma nessuno molla. Direzione Pistoia.

Oggi ci aspettano le lavoratrici e i lavoratori della Radicifil, in presidio da mesi per la difesa del loro posto di lavoro. Lo stabilimento chiude. Loro sono in cassa straordinaria.

La Radicifil è una fabbrica chimica che produce filo di nylon 6.6. Io non so cosa significa 6.6. Me lo spiegano loro quando arrivo.

Il nylon 6.6 si utilizza per indumenti particolari, le giacche delle moto per esempio. E’ un materiale pregiato. In Italia lo produce soltanto lo stabilimento di fronte al quale siamo ora. A Bergamo, la stessa proprietà produce un altro tipo di filo, il nylon 6. E’ meno pregiato. Lo producono anche in Cina a costi molto più bassi.

Lo stabilimento di Pistoia è uno di quelli più avanzati del gruppo, per i macchinari e per le professionalità operaie. Il mercato del nylon 6.6 è in crescita. Altre aziende straniere investono su questo prodotto. La Nilit – multinazionale straniera - ha aperto di recente uno stabilimento negli USA.

A Pistoia, invece, la Radicifil chiude. 140 lavoratori sono in cassa straordinaria; una ventina, quelli che lavoravano nelle aziende dell’indotto, sono già andati a casa. Nessun piano industriale; nessuna garanzia sul loro futuro.

L’annuncio della chiusura è recente. Il 27 aprile, l’azienda comunica la decisione di chiudere e l’inizio della cassa a partire dal 1 maggio….bella festa dei lavoratori!

La notizia arriva del tutto inaspettata. Nei mesi precedenti l’azienda stabilizza due precari a cui è scaduto il contratto a termine. Dal 200 5 al 2008 investe 6 milioni di euro per macchinari nuovi. Alcuni sono ancora in garanzia. Utilizzati non più di pochi mesi. In magazzino ci sono 5 milioni di euro di filo fermo.

I compagni della Radicifil mi fanno vedere i capannoni qui intorno. Questa è una grande area industriale, perlopiù tessile e chimica. Prima era tutta Radicifil. Ora c’è Ti-Engineering, Biodepur, Infra, Saint Gobain etc. Venduto tutto. Pezzo per pezzo.

L’assetto societario della Radicifil cambia in pochi anni innumerevoli volte. Texpo3, Texpo2, Radicigroup, Radicinylon, Radicifil, Radiciyarn. Cambia assetto, cambia nome, cambia la maglietta dei lavoratori. Ora in giro ce ne stanno tante, tutte diverse. Qualcuno le ha conservate tutte.

Renzo, Michele, Emilio, Riccardo, Massimo e gli altri lavoratori della Radicifil che oggi sono qui insieme a noi non sanno quale sarà il loro futuro. Non sanno perché l’azienda vende uno stabilimento che funziona e che produce un prodotto competitivo. Non sanno perché l’azienda vende la loro pelle.

Nei prossimi giorni hanno un incontro con la Regione; a breve con il ministro delle attività produttive. Intanto, il presidio continua.

Oggi sono con noi, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori delle fabbriche metal meccaniche della zona. Diamo loro una bandiera della Fiom (vedi foto).
Le nostre biciclette portano loro la nostra più totale solidarietà.

La storia è sempre la stessa. Me la dicono in poche parole. “Loro sono l’azienda. Noi siamo le persone. Loro scelgono noi paghiamo”.

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